Costa Azzurra e Piemonte uniti dall’arte di Otobong Nkanga

Di Marco Casa
1 Lug 2021

Dal 12 giugno al 19 settembre 2021 a Villa Arson a Nizza è possibile visitare la mostra monografica “When Looking Across the Sea, Do You Dream?”, della versatile e prolifica artista nigeriana Otobong Nkanga.
Il nostro amico e collaboratore Giovanni Gugg, antropologo, l’ha visitata nei giorni scorsi e ne ha scritto un lungo articolo apparso oggi sul numero 50 di “Dialoghi Mediterranei”, il bimestrale dell’Istituto Euroarabo, che si intitola “L’arte per una coscienza terrestre. A margine di un’esposizione di Otobong Nkanga“.
Ve ne proponiamo qualche estratto, invitandovi comunque a leggere l’intero contributo sul sito originario:

Le immagini di Otobong Nkanga hanno un forte potere evocativo e sono rese attraverso mezzi espressivi diversi e svariati tipi di materiali, per cui la mostra presenta opere fotografiche, performance, filmati, poesie, tessuti, quadri, sculture, composizioni, installazioni, registrazioni sonore, giochi di luce. La gran varietà di supporti e mezzi dà forma ad opere ispirate alla terra, alle sue risorse sovrasfruttate e alle storie che vi sono legate; opere che si collocano al crocevia delle costruzioni del tempo e delle civiltà per andare oltre i nostri orizzonti, immaginando altri mondi.
L’esposizione rimanda ad un viaggio, che tuttavia non è cronologico, né destrutturato, quanto piuttosto un viaggio in cui sono privilegiati i collegamenti tematici ed estetici. È un viaggio stratificato, in cui si è “teletrasportati” dalle profondità delle miniere, come in “Solid Maneuvers” (2015), in cui una sorta di rievocazione ctonia porta dagli strati geologici – perforati dagli esseri umani per estrarre pietre e metalli, polveri e respiri – alle profondità del cosmo tra pianeti di un universo che forse ci sovrasta o forse è semplicemente interiore, ma a cui siamo senza dubbio collegati, come in “We Could Be Allies” (2017-2020) o in “Constellation to Appease” (2019) o, ancora, in “The Weight of Scars” (2015).
Il lavoro di Otobong Nkanga raffigura corpi scomposti e talvolta solo evocati, con arti disgiunti ma legati tra loro da funi, radici o rami: una rete di forme che trovano costantemente eco attraverso un’ampia varietà di mezzi.
Tutto sembra frammentato, eppure ad uno sguardo d’insieme ne risulta tutto connesso, in totale interdipendenza, come catene di associazioni costruite un pezzo alla volta. Ed è qui che si incontra la noce di cola, un frutto dell’Africa occidentale che ha una ricca storia culturale, accanto a quella botanica.

A questo punto Gugg ricostruisce un’interessantissima storia culturale della noce di cola, dei suoi significati sociali e religiosi per le popolazioni dell’Africa occidentale, ma ormai anche per il resto del mondo, fino a noi che, attraverso l’arte di Otobong Nkanga, possiamo riviverne la densità di significati:

L’installazione dedicata alle noci di cola (“Contained Measures of Kolanut Tales”) è uno spazio sui racconti di un frutto che è simbolo multiplo di radici e globalizzazione, di appartenenza e relazione, di introspezione e dialogo. L’opera è leggibile a tanti livelli: da quello scientifico-tecnico, con informazioni botaniche e artigianali, a quello antropologico-performativo, con rimandi ai riti e agli incontri favoriti e sugellati dalla cola, fino a quello artistico, con riferimenti agli arazzi esposti sulle pareti circostanti.
Dalla noce di cola partono livelli espressivi che permettono di raccontare la vita delle persone, gli equilibri di potere tra le comunità, il peso dei conflitti e le loro ferite più o meno rimarginate. L’albero – tra profondità della terra e altezza del cielo – rivela perforazioni, stratificazioni e costellazioni in cui minerali, sabbia, spezie, semi, piante, tessuti, umani e animali si mescolano a macchie e ombre, legno e metalli, ossidazioni e corrosioni, rifiuti e scheletri edilizi, paesaggi e mappe geografiche. Per Nkanga, la terra e le sue risorse sono una fonte inesauribile di ispirazione, ma anche un modo per denunciarne il frenetico sfruttamento e consumo.

Sappiamo che l’arte africana è stata a lungo ignorata, disprezzata o dimenticata, ma negli ultimi decenni c’è una riscoperta, come dimostra anche l’esposizione nizzarda, in cui Nkanga ci invita a guardare oltre il Mediterraneo, al di là dell’orizzonte, oltre i luoghi comuni e oltre noi stessi, «per andare oltre l’Europa, verso altri climi, altre economie», come dice lei stessa nell’audioguida.

  • Se volete leggere l’intero articolo di Gugg sull’esposizione di Nkanga, vi invitiamo nuovamente a cliccare qui.
  • L’ingresso a Villa Arson è gratuito, ogni pomeriggio dalle 14 alle 18: per maggiori informazioni, cliccate qui.

Infine, vi segnaliamo un elemento che è nello spirito di Radio Nizza e della storica collaborazione tra Francia e Italia: la mostra nizzarda è il primo passo di una collaborazione transfrontaliera tra Costa Azzurra e Piemonte, perché alla fine dell’estate l’artista esporrà anche al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, in provincia di Torino, dove le opere di Otobong Nkanga saranno presenti dal 20 settembre al 30 gennaio 2022.

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