Continua fino al 1º ottobre al MAMAC di Nizza l’esposizione dell’artista franco-vietnamita Thu-Van Tran. È la prima grande monografia dell’artista in Francia dopo la sua partecipazione alla mostra collettiva, sempre al MAMAC, Cosmogonies, au gré des éléments dell’estate 2018, in cui aveva dialogato con le opere di Yves Klein.
Thu-Van Tran è una delle artiste di punta della Francia e gode oggi di un riconoscimento internazionale. Ha presentato una magistrale installazione alla Biennale di Venezia nel 2017, è stata nominata per il Premio Marcel Duchamp nel 2018 e ha appena completato un’importante commissione site-specific al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh. Fino al 18 settembre 2023, l’artista è presente nella mostra Avant l’orage alla Bourse de Commerce, Collezione Pinault, a Parigi.
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Thu-Van Tran al MAMAC
La mostra al MAMAC mette in luce gli aspetti principali del lavoro di Thu-Van Tran, un universo artistico impregnato della sua doppia cultura franco-vietnamita.
Attraverso pittura, fotografia, scultura, film, installazione Thu-Van Tran esplora la storia comune dei due paesi e la sua eredità visibile o invisibile. Il titolo Nous vivons dans l’éclat (viviamo nel lampeggiare) è preso da una serie di opere dell’artista in cui imprime delle frasi del libro Cuore di tenebra di Joseph Conrad su delle superfici fotosensibili per poi lasciare che si deteriorino alla luce.
L’esposizione ruota attorno a tre fasi di un viaggio che ci porta dall’alba al crepuscolo, dai tormenti del passato alla potenza del sogno.
Capitolo primo: “All’alba, seminare”
La pianta dell’evea, da cui si estrae il caucciù, è al cuore della sua pratica e delle sue sperimentazioni. Le lacrime che il caucciù produce una volta inciso diventano “il bosco che piange”. Sia che appaia sotto forma di calchi di tronchi o nella traccia lasciata dalle sue foglie, oppure nei gesti della raccolta o nella pura materialità del lattice, questo caucciù permette di raccontare la storia della trasformazione di un paesaggio.
L’evea
Originaria del Brasile, questa pianta è stata importata in Vietnam nel 1899 e sfruttata in maniera intensiva soprattutto dall’azienda Michelin, a partire dal 1925. Ha soppiantato gli alberi autoctoni trasformando il paesaggio e diventando l’incarnazione di un processo di acclimatazione. Ma anche di metamorfosi e soprattutto simbolo dell’estrazione ad oltranza delle risorse naturali. L’esposizione si apre con dei fogli di pellicola fotosensibile esposti alla luce che hanno fissato l’ombra chiara delle foglie di evea raccolte dall’artista in Vietnam e in Amazzonia. Il titolo dell’opera Au couchant, au levant, fa riferimento allo sfruttamento di una risorsa naturale e della manodopera locale e ai sollevamenti di quest’ultima che si sono poi verificati nelle piantagioni.
I colori del grigio
Il racconto continua poi nei sontuosi affreschi astratti che evocano dei paesaggi lirici e in maniera allegorica la guerra del Vietnam e gli spargimenti chimici perpetrati dall’armata americana. Ricordiamo che la guerra del Vietnam (1955-1975) ha fatto seguito alla guerra d’Indocina (1946-1954), che ha contrapposto nella lotta per l’indipendenza i Viet Minh alla Francia, sostenuta militarmente dagli Stati Uniti a partire dal 1949. Dal 1955 in poi, la guerra civile ha contrapposto il blocco orientale al Fronte Nazionale per la Liberazione del Vietnam del Sud, che incarnava il pensiero comunista nato dalle piantagioni di evea e dall’occupazione francese – e sostenuto dalla Cina comunista.
Les couleurs du gris: è una serie che l’artista sviluppa dal 2012 che consiste nell’applicare sei colori in ordine e con un grado di opacità differente in modo da ottenere inevitabilmente il grigio. Questi sei colori rappresentano gli erbicidi, le sei differenti diossine riversate sulle foreste del Vietnam centrale e meridionale dall’esercito statunitense negli anni 60 per scacciarne i soldati vietnamiti. I fusti contenenti i diserbanti erano colorati di bianco, rosa, blu, verde, porpora e arancio. Il tempo di un lancio e milioni di alberi centenari e chilometri di raccolti venivano polverizzati.
Capitolo secondo: “A mezzogiorno, esporsi e bruciare”
In questa sala Thu-Van Tran ritorna in maniera allegorica sui legami tra l’Occidente e il Vietnam. Ricordiamo che fino al 1954 la Francia occupava l’Indocina, che diventerà in seguito Vietnam, Laos e Cambogia. Un paesaggio frammentato, come sovraesposto e sottoposto alla bruciatura del sole si dispiega davanti a noi: immagini slavate di giardini occidentali, la foresta tropicale infiammata da colori saturi e una luce cruda. In Vietnam l’artista ha trovato dei grandi teloni da cantiere, sui quali sono rappresentati dei paesaggi francesi. Le utilizza per realizzare le opere di Bleu Saigon.
L’opera Échange de présents mostra le due grandi ricchezze sfruttate dalla Francia in questo periodo: il caucciù e la manodopera.
Capitolo terzo: “Al crepuscolo: dimenticare, spostarsi e raccontare”
Thu-Van Tran ci accompagna qui in un mondo di sogni e leggende. Questa sala è attraversata da parole e da miti nutriti dal ricordo dei racconti tradizionali e arricchiti dall’immaginario dell’artista, che ci invita a oltrepassare la soglia di una grande tenda di caucciù, una specie di diaframma vegetale e di grande pittura organica che ci fa entrare in un mondo di crepuscolo e di sogni, di lutto e di consolazione. L’opera Le genie du ciel è composta da 112 porcellane ed è ispirata a una leggenda. Mostra delle ali di un uccello rinchiuse dentro pietre. In questa leggenda gli uccelli consolano le persone che hanno perduto una persona cara.
Tre grandi tende Pénétrable, allégorie, realizzate con il lattice dell’evea e con pigmenti, rappresentano il sogno, la memoria e il meraviglioso. Il linguaggio è una componente maggiore del lavoro dell’artista che afferma il potere trasformatore delle parole e la capacità della scrittura nel creare nuovi modi di comprendere del reale. il rapporto con l’oralità attraversa le sue opere. Thu-Van Tran scrive: “il passato evocato nell’esposizione sarà anche quello dei miti e delle leggende perché noi siamo modellati dei racconti come dalla storia reale”.
(Foto di Antonella Fava©)